Sono andata a Porto per festeggiare il mio compleanno. Tre giorni, ad aprile, insieme a un’amica. Avevo voglia di staccare, di cambiare aria, e il Portogallo mi chiamava da un po’. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma di certo non pensavo di ritrovarmi immersa in un’atmosfera così… gotica.

Siamo arrivate con la pioggia. E Porto, con la pioggia, sembra tutt’altro che Portogallo. Niente sole caldo e spiagge assolate – solo strade lucide, ombrelli che si incrociano e quel cielo grigio che avvolge ogni cosa. Ma è stato proprio quello il suo incanto: sembrava di essere finite in un film in bianco e nero, con le case colorate a fare da contrasto malinconico.
Abbiamo camminato tantissimo. Salite, discese, scale ovunque – Porto si conquista a piedi, un passo dopo l’altro, col fiatone ma anche con gli occhi pieni di bellezza. I vicoli della Ribeira, il ponte Dom Luís I da cui si vede tutta la città, le cantine di vino e i tetti rossi che si perdono all’orizzonte. E poi quell’anima un po’ decadente, romantica, gotica appunto, che mi ha sorpresa e conquistata.
Abbiamo mangiato bene – perché il Portogallo è anche questo: sapori semplici e autentici. Tra una francesinha (pesantissima, ma da provare) e un bicchiere di vino porto, ci siamo concesse il gusto del tempo lento, del lasciarsi trasportare.

Porto mi ha lasciato dentro qualcosa che non so spiegare del tutto. Non è una città “da cartolina”, ma ti resta addosso. Come quella pioggia improvvisa che ci ha accolte: fastidiosa e affascinante insieme.
E anche se è stato solo un piccolo viaggio, mi ha fatto venire voglia di vedere di più, di esplorare altri angoli del Portogallo. Perché Porto è solo un puntino sulla mappa, ma a volte basta un puntino per aprirti mondi.
Ci tornerò. Magari con più sole, magari ancora con la pioggia. Perché ogni volta, credo, lo stesso luogo sa raccontarti una storia diversa.

Martina
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