
Ci sono momenti in cui il mondo sembra troppo piccolo, o forse siamo noi che ci sentiamo troppo fermi.
È quella sensazione sottile, difficile da spiegare, che arriva quando è passato troppo tempo dall’ultima partenza.
Quando la routine riprende il suo ritmo e il cuore inizia a fremere per qualcosa che ancora non c’è — un aeroporto, un biglietto, un nuovo cielo.
La chiamo astinenza da viaggio.
Non è tristezza, né semplice voglia di vacanza. È piuttosto un richiamo silenzioso, come se una parte di me avesse bisogno di perdersi di nuovo per ritrovarsi.
Forse perché viaggiare non è solo muoversi nello spazio, ma anche spostarsi dentro di sé.
Manca l’attesa del decollo, quella leggera vertigine quando l’aereo si stacca da terra, il primo respiro d’aria diversa appena usciti dall’aeroporto.
Manca la sensazione di essere altrove, di guardare con occhi nuovi, di sentire che ogni cosa può ancora stupire.
A dicembre andrò a Parigi.
E già solo il pensiero mi fa stare meglio: come se avere una destinazione mi restituisse una parte di me stessa.
Nel frattempo, provo a colmare l’attesa con i ricordi dei viaggi passati — e con la consapevolezza che anche il desiderio di partire, a modo suo, è già un viaggio.
Martina








